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1.1.4.1. L'OCEANO BOREALIS
di Gianni Viola

Marte ha avuto una complessa storia climatica, contrassegnata da episodi climatici relativamente caldi, quando enormi volumi d'acqua scorrevano liberamente sulla superficie del pianeta.
Già anni fa scrivevano i ricercatori Jeffrey S. Kargel e Robert G. Strom: "Non è da escludere che sia esistito su Marte un vero e proprio oceano..." e che "...la geometria dei canali d'efflusso marziani sembra indicare velocità elevatissime dei corsi d'acqua. Michael H. Carr, dell'US Geological Survey, stima che la quantità d'acqua necessaria a creare questi enormi e numerosi canali sarebbe stata sufficiente a riempire un oceano globale marziano della profondità di 500 metri." (Jeffrey S. Kargel e Robert G. Strom, "Cambiamenti climatici globali su Marte" in Le Scienze, n. 341, gennaio 1997).
Ancor prima V.R. Baker e il già citato Strom scrivevano: "Il nostro modello deriva intuitivamente dall'esperienza con il fenomeno e dalla formulazione dell'origine e delle conseguenze di un oceano (...) l'evidenza oceanica fu accertata perlopiù da Parker e Saunders del JPL che, stimolati dal loro lavoro e da un vasto archivio di studi di molti geologi planetari, svilupparono il modello globale della formazione dell'oceano su Marte." (Jeffrey S. Kargel e Robert G. Strom. Ancient martian oceans, in "Planetary Geosciences", 1989-1990, NASA SP-508 1991).
Una circostanza notevole evidenziata dai già citati Kargel e Strom è che "gruppi di ricerca guidati da David H. Scott e Kenneth L. Tanaka, dello US Geological Survey, e Jeffrey M. Moore, dell'Ames Research Center della NASA, sono giunti indipendentemente alla conclusione che ripetute inondazioni dai canali di flusso si siano riversate verso Nord, formando una successione transitoria di laghi e mari. Tanaka e Moore ritengono che gli spessi strati di sedimenti depositati in questi mari si estendono ora su gran parte delle vaste piane settentrionali. Secondo diverse valutazioni, uno dei più ampi fra i mari settentrionali di Marte potrebbe avere contenuto un volume d'acqua pari a quello del Golfo del Messico sommato a quello del Mediterraneo."
È quindi possibile formulare un'ipotesi generale riguardante il pianeta Marte, che indichi quest'ultimo occupato (fino ad un'epoca che non è possibile - al momento - indicare con precisione) da una vasta distesa oceanica, localmente divisa in parecchi mari minori. Tutte le strutture morfologiche presenti nell'emisfero settentrionale di Marte, depongono a favore di questa tesi giacché presentano le medesime caratteristiche delle analoghe morfologie terrestri.
Come afferma da Antonio Zeoli "le linee di costa, prima supposte come tali sulla base della posizione e della forma (secondo quanto asserito da Parker e Gorsline), sono state analizzate in questo lavoro considerando la loro compatibilità con i modelli di evoluzione dei litorali. Utilizzando l'analisi geometrica sviluppata da Silvestre e Hsu, è stata confermata la loro origine marina, dimostrando come queste linee possano essere ricollegate ad un'unica direzione del moto ondoso prevalente il quale, a sua volta, era funzione del principale regime dei venti nella regione [di Cydonia Mensae, n.d.a.] all'epoca della presenza del mare. Queste morfologie non si sarebbero potute formare se la superficie del mare fosse stata ghiacciata. Questi venti risultano avere avuto una provenienza da E-N-E." ("L'Astronomia", n. 208, 2000).
Le osservazioni effettuate dalla sonda Mars Global Surveyor, secondo quanto riferito dai ricercatori E. Pranzini e A. Zeoli ci dicono che "alcuni rilievi posti in prossimità dell'ipotetica costa presentano, a quote diverse, superfici quasi orizzontali che potrebbero essere state spianate dall'azione del moto ondoso, come sulla Terra lo sono i terrazzi d'abrasione marina." I medesimi autori specificano che "il livello d'approssimazione dei cordoni marziani alla spirale logaritmica [la linea di paleocosta, n.d.c.] è estremamente elevato, tanto da conferire una certezza statistica all'ipotesi di una loro origine costiera. Infatti, essendo queste forme dovute alla diffrazione delle onde, è evidente che si deve accettare l'ipotesi dell'esistenza, in passato, di un mare con acqua allo stato liquido, nel quale le onde si potevano sviluppare e propagare." È inoltre precisato che "poiché tali forme sono raggiunte solo se le condizioni al contorno rimangono stabili per lungo tempo, questo mare deve essere stato liquido per un periodo molto lungo, anche se non vi è modo di stabilire quanto e non è, infatti, possibile calcolare il tempo necessario per la formazione di baie a spirale sulla Terra e, tanto meno, su Marte."
Altre osservazioni operate dalla sonda "Mars Global Surveyor" hanno ulteriormente confermato l'esistenza di un grande oceano in corrispondenza del suo Polo Nord, e hanno inoltre consentito di valutare il volume della massa oceanica, calcolata in 14 milioni di km3, con una profondità media di circa 500 metri e punte di 1.500 metri.
Una ulteriore conferma dell'esistenza di un antico oceano marziano ci viene dalle ultime osservazioni condotte dalla Far Ultraviolet Spectroscopic Explorer (partita il 24 giugno 199) secondo cui Marte potrebbe aver avuto in passato più acqua rispetto alla Terra tenuto conto della massa dei due pianeti. In particolare il satellite ha evidenziato la presenza di idrogeno molecolare (H2) nell'alta atmosfera marziana che, com'è noto, è originato dalla dissociazione dell'acqua. Dalle analisi effettuate si è giunti alla conclusione che Marte abbia posseduto in epoche remote una massa oceanica profonda almeno 1250 metri.
Proprio dai dati emersi dalle osservazioni operate dal satellite FUSE, è stato possibile calcolare la quantità d'acqua un tempo presente su Marte. Si tratterebbe di circa 18 milioni di km3 (dunque una valutazione superiore al precedente, di 14 milioni) e si presume una profondità dell'oceano che poteva giungere fino ad un massimo di 2 km ed una profondità media di 560 metri.
In conclusione, i dati provenienti dalla MGS indicano che in epoca remota le condizioni ambientali di Marte erano molto simili a quelle della Terra attuale, con una densa atmosfera e molta parte della superficie (circa un terzo) ricoperta dai mari. Nel mese di marzo 2002 gli scienziati della NASA hanno comunicato la riconferma della presenza di acqua sul Pianeta Rosso.
Nello stesso periodo (23 marzo 2004) un comunicato della NASA riferito al rover "Opportunity" (per bocca di Steve Squyres, della Cornell University, capo del team di scienziati che segue la missione), diceva: "Siamo convinti che in questo momento Opportunity si sia fermato su quella che un tempo era la spiaggia di un mare salato di Marte", aggiungendo poi: "Siamo di fronte a un ambiente adatto alla vita".
In particolare lo studio condotto da "Opportunity" sulla superficie di Marte ha rivelato l'esistenza di solfati e di altri minerali che si formano in presenza di acqua.
Oggi la ricerca scientifica dispone almeno di quattro prove a favore dell'esistenza passata di un antico oceano marziano:
  • l'altezza del "contatto" (la linea di demarcazione fra le terre emerse e quelle sommerse) è in sostanza costante;
  • la topografia è sempre più dolce al disotto del contatto che al di sopra;
  • il volume dell'ipotetico oceano è compatibile con le stime delle risorse d'acqua del pianeta;
  • il contatto è costeggiato da una serie di terrazze di regressione che si sviluppano in senso parallelo.
Abbiamo anche elementi riguardanti il "sale" dell'oceano di Marte: l'analisi chimica di un meteorite di origine marziana prova che la composizione dell'antico oceano è simile a quella della nostra acqua marina. Il meteorite in questione, denominato Nakhla, è vecchio di 1,2 miliardi di anni e cadde in Egitto nel 1911. In esso troviamo il cloruro di sodio come minerale dominante.

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