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GUARDARE E VEDERE

di Gianni Viola
 
 

Non basta osservare per capire. Se ci troviamo alla presenza di una notevole mancanza di strumenti concettuali di lettura, occorre che nel cervello si attui una sintesi interpretativa, una correlazione evolutiva del reale, del simbolico e dell'immaginario, dove il fattore psicologico è determinante nel complesso meccanismo della visione.
Tra i fenomeni naturali la "visione" è considerata uno dei più affascinanti e complessi, e alla base di tale processo, si trova il fenomeno della luce. Essa è una forma d'energia radiante che consente di rendere visibili gli oggetti circostanti e tali sensazioni luminose rappresentano la più elementare e rudimentale percezione visiva. (1)
Posto che la visione avviene attraverso l'organo dell'occhio, si potrebbe essere indotti a dare al fenomeno della percezione visiva una spiegazione puramente fisica.
Va detto però, che il fenomeno, in realtà, non può prescindere da importanti fattori psichici. (2)
La percezione visiva, infatti, non è esclusivamente legata agli stimoli sensoriali; essa è un complesso processo dinamico di ricerca svolto dal cervello, il cui scopo è definire la migliore interpretazione possibile dei dati raccolti. La sola fase ottico-fisiologica della visione è dunque insufficiente.
Per quanto riguarda la "percezione stereoscopica" (3) essa è ben avvertita per gli oggetti vicini, ma è pressoché inavvertita per quelli lontani perché, oltre una determinata distanza, le due immagini finiscono per essere pressoché identiche e la loro percezione si realizza come visione "monoscopica".
Posto che l'osservazione e l'analisi delle rilevazioni satellitari riguardano foto bidimensionali, dove gli elementi sono visibili anche osservandoli con un solo occhio, tali meccanismi in realtà non intervengono.
Si può immaginare invece che, anche in questo caso, sia importante la nostra esperienza.
In pratica sono da tenere in conto le abilità acquisite attraverso l'osservazione continua e sistematica di immagini rilevate dal satellite o riprese dalle sonde poste a terra.
Per tale motivo, un occhio abituato a leggere tali immagini sarà capace di decodificare gli elementi che vi sono presenti. Viceversa un occhio privo di tale esperienza non riuscirà a capire la natura di ciò che osserva.
L'esperienza d'ogni giorno mostra che "noi vediamo il mondo esterno che ci circonda non come esso realmente è, ma come noi sappiamo che esso è" (e come si presuppone che debba essere secondo regole stabilite).
Possiamo guardare un corpo e non vederlo, vale a dire non riconoscerlo, e in tal caso occorre la "visione intelligente" che si acquista con l'abitudine, con l'esperienza quotidiana fin dalla prima infanzia.
È necessario, dunque, che la visione fisica e fisiologica siano aiutate, anzi integrate, dalla nostra esperienza e dalle nostre conoscenze passate: per riconoscere un corpo bisogna prima imparare a conoscerlo.
La mancata capacità interpretativa ha perciò una spiegazione nel meccanismo stesso della visione.
Che cosa vuol dire infatti "vedere?",
Vedere vuol dire trarre dal corpo esaminato tutte quelle possibili informazioni e indicazioni che ci possono permettere il suo riconoscimento.
Può accadere che coloro i quali non abbiano una tale esperienza, non riuscendo a riconoscere un corpo nella sua vera natura, e d'altra parte non avendo abbastanza umiltà (e intelligenza) per ammettere i propri limiti mentali, tentino di piegare la realtà alle proprie esigenze, spostando i termini della questione, trasformando i propri limiti in limiti della natura.
Vi sono dei soggetti che presentano un moderato o debole sviluppo d'abilità di ampia connessione ed integrazione di differenti funzioni cerebrali, in tal caso si può osservare un'inibizione del meccanismo stimolo-risposta ed un blocco dell'apprendimento creativo, che presuppone una riflessione interiore che si attua attraverso le funzioni cerebrali di cui sopra.
In un soggetto "normale" le informazioni sono utilizzate per la ricostruzione reale dell'ambiente; nei soggetti che presentano talune deficienze, gli elementi percepiti restano separati e non si organizzano fino a formare un organismo graficamente coerente.
"In questi casi, talune strutture visibilmente artificiali, osservate come tali da alcuni ricercatori, sono giudicate tout court d'origine naturale, per la semplice ragione, che un assunto di pregiudizio non derivato da alcuna considerazione scientifica, ha deciso che su Marte non si possa trovare nulla che non sia naturale."
Scriveva a tal proposito Aldous Huxley nell'opera "L'arte della vista": "La capacità percettiva dipende [...] dalla quantità, dal genere e dalla validità delle passate esperienze. Ma le esperienze passate esistono per noi solo in grazia della memoria. È perciò esatto affermare che la percezione dipende dalla memoria."
Ed è interessante quando Huxley parla dell'immaginazione: "In stretta relazione con la memoria è l'immaginazione, che è il potere di combinare i ricordi in nuovi modi, così da farne costruzioni mentali diverse da ogni concreta esperienza passata. Tanto l'immaginazione quanto la memoria esercitano un'influenza sulla capacità della memoria a interpretare i sensa."
È dunque osservabile che molti ricercatori non esercitano la memoria e tanto meno l'immaginazione perché affidano tali compiti a dati informatici i cui contenuti non fanno parte del vissuto d'esperienza personale.
Inoltre va rilevato che taluni soggetti non riescano a decodificare dati molto facili che, in precedenza, facevano parte del bagaglio culturale di colleghi che li hanno preceduti.
Basti considerare la circostanza che per interpretare alcuni dati di missioni spaziali di appena trenta o venti anni fa, è successo (è successo a me, ma ritengo a tanti altri) di dover scomodare funzionari della NASA ormai comodamente in pensione, perché i colleghi attuali sconoscono del tutto la sostanza dell'informazione richiesta.

Note:
1. L'occhio umano è idoneo a percepire, mediante gli elementi sensoriali retinici, le onde elettromagnetiche di diversa lunghezza d'onda, compresa tra 400 e 750 mm (millimicron), il cui effetto darà luogo a differenti sensazioni colorate. Le altre radiazioni che hanno una lunghezza d'onda maggiore di 750 nanometri (infrarossi) o più corta di 400 nanometri (ultravioletti) non sono visibili e possono essere registrate da apparecchiature e strumenti quali le pellicole fotografiche, i contatori Geiger, i bolometri, i sintonizzatori, ecc..
2. In pratica il fenomeno chimico (occhio), trasformato in uno stimolo neurosensoriale, si propaga lungo le vie ottiche fino a giungere a livello corticale (cervello), sede della decodificazione e dell'interpretazione dei segnali. Il meccanismo della visione si compone della fase "ottico-fisiologica" e della "fase psicologica", e, a sua volta, la fase ottico-fisiologica si compone di una fase ottico-geometrica ed una fase geometrica. Nella fase fisiologica l'immagine reale che si forma sulla retina è trasmessa, mediante il nervo ottico, al cervello. Gli elementi sensibili della retina, detti coni o bastoncelli, trasmettono al cervello la sensazione ricevuta attraverso un complesso processo chimico-fisico. Nella fase ottico-geometrica si presuppone l'esistenza di un mezzo trasparente (spazio atmosferico planetario), o il vuoto, che permetta la propagazione della radiazione, che s'irradia nei mezzi interposti fra sorgente ed occhio, e l'esistenza di un organo di ricezione che possa ricevere la radiazione e trasformarla in sensazione. La radiazione penetra nel bulbo oculare e rifrangendosi attraverso cornea, umori e cristallino, raggiunge la retina.
3. Stereoscopia: tecnica di osservazione degli oggetti con un sistema ottico atto a produrre la percezione del rilievo.

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