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SCIENZA E RICERCA SCIENTIFICA...
2.1.1. UNA NUOVA METODOLOGIA
di Gianni Viola
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2.1. L'astronomia e le nuove metodologie di osservazione »
La metodologia di studio adottata in campo astronomico riguarda l'"osservazione telescopica", attuata tramite strumentazioni ottiche montate a terra, vale a dire telescopi e radiotelescopi e, secondo le definizioni che l'astronomia dà di se stessa, essa è propriamente lo "studio dei fenomeni celesti (...) (e) il telescopio è lo strumento principe dell'astronomia" e i "telescopi (sono) gli strumenti con cui si pratica l'astronomia". (1)
L'astronomia, è pertanto la scienza osservativa d'oggetti posti a gran distanza, e, tutto questo, anche tenendo conto dell'oggetto spaziale a noi più vicino, la Luna, che resta ad una media di 384.400 km di distanza dalla Terra; Venere, con una distanza minima dalla Terra, di circa 40 milioni di km; Marte con una distanza minima di circa 55 milioni di km. Gli altri corpi celesti del Sistema Solare sono posti tutti a distanze notevolmente superiori, e la stella più vicina, la Proxima Centauri (insieme con Alfa Centauri A e Alfa Centauri B), si trova a 4,3 anni luce.
Poniamo una prima distinzione funzionale tra le "osservazioni telescopiche" e le "rilevazioni satellitari". Nel primo caso abbiamo strutture rilevate dal telescopio e denominate "albedo" (2), nel secondo caso abbiamo strutture rilevate dal satellite, chiamate "topografiche". Le prime sono rilevazioni a distanza con risoluzioni geometriche sempre bassissime (fino a decine o centinaia di km), le seconde sono invece rilevazioni ravvicinate con risoluzioni geometriche che possono essere medio-basse (dell'ordine quindi di alcuni km fino a 500 metri) e possono anche giungere a livelli alti (sotto i 100 metri) e fino a pochi centimetri, nel caso delle riprese effettuate dai moduli di discesa. (3)
In relazione alla rilevazione satellitare, negli ultimi quarant'anni, si è sviluppato un particolare settore dell'astronomia, avente per scopo la descrizione della superficie dei corpi celesti osservati. Questa branca dell'astronomia è detta "descrittiva" (nel caso dello studio dei pianeti si usa il termine "planetologia") e corrisponde a ciò che, nell'ambito del nostro pianeta, s'intende con il termine "geografia". Questo termine è del tutto legittimo poiché oggi è possibile operare osservazioni di un pianeta in concreto nelle medesime condizioni in cui è possibile osservare la Terra. Ecco perché si parla di geografia terrestre, marziana, venusiana, ecc. In tal senso lo sviluppo dell'astronomia descrittiva tramite l'utilizzo dei dati provenienti dalle osservazioni satellitari, comporta un progressivo abbandono uso "complementare" delle classiche osservazioni telescopiche.
L'"osservazione ravvicinata" dei corpi celesti, è attualmente possibile solo con riferimento agli oggetti spaziali posti entro il sistema solare, dal momento che tutti gli altri corpi celesti sono troppo distanti perché possano essere oggetto di studi ravvicinati. Essa è null'altro di ciò che l'espressione afferma, vale a dire l'operazione di "osservazione di un pianeta" studiato allo stesso modo della Terra, tramite le rilevazioni satellitari, e si è sviluppata funzionalmente tre secoli dopo l'inizio dell'astronomia osservativa, nella seconda metà del XX secolo, mediante l'inizio dell'esplorazione spaziale attuata mediate l'uso di sonde automatiche, poste in orbita intorno ai corpi che si è inteso studiare.
Le sonde operano tramite camere di ripresa fotografica e televisiva - rilevazione satellitare aerea o superficiale - e questa offre la possibilità di studiare la superficie dei corpi celesti, con la stessa precisione con cui è possibile osservare la superficie terrestre, e nondimeno attraverso i medesimi strumenti d'osservazione. Sul piano generale si è trattato di una rivoluzione che ha portato ben presto ad un aumento della capacità osservativa (riferita a Marte) cresciuta di 20 miliardi di volte, considerando, come punto di partenza, la capacità ottenuta dagli strumenti usati da Galilei.
Note:
1. E. Ricci, "Telescope no probleme", Biblioteca Antares, Milano 1992, pp. 7 e 11.
2. Dal latino "albedo", cioè "bianchezza". L'albedo di un pianeta corrisponde alla luminosità ed è una preziosa sorgente d'informazioni sulla natura del suolo e dell'atmosfera visibile di un corpo celeste. Per assimilazione si dicono "albedo" le strutture superficiali di un pianeta riprese attraverso i telescopi posti sulla Terra.
3. I moduli di discesa delle sonde Viking 1 e Viking 2 (fra il 1976 e il 1982) raggiunsero la sbalorditiva risoluzione geometrica di 10 centimetri per pixel.
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