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LA VERITÀ SULLA FINE DELL'U.R.S.S.

 
di Gianni Viola
Prospettiva Editrice
pagg. 216 - 22 foto b/n - € 14,00
Per ordinare: www.ibs.it

 

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INTRODUZIONE:

Una descrizione insospettabile della "povertà" dei russi attuali, proviene dal giornalista Sandro Viola de "La Repubblica", insospettabile perché si tratta di un cronista dichiaratamente schierato a favore del sistema capitalista e nella fattispecie limpidamente favorevole all'introduzione del liberismo in Russia. Ecco quanto scrive nell'ambito del servizio intitolato "Lotta a corruzione e povertà - Putin progetta la nuova Russia" (1): "(...) C'è da ricondurre a livelli accettabili di vita 40 milioni di russi almeno che vegetano sotto la cosiddetta soglia di povertà: vestiti di stracci, vale a dire malnutriti, ammalati. C'è da procurare un lavoro a 12 milioni di disoccupati, e da pagare ad altri milioni di russi il salario arretrato. Ci sarebbe da rimettere in ordine, prima che si verifichi un'altra catastrofe come a Chernobyl, le centrali nucleari, oggi rappezzate col fil di ferro, dove s'entra ed esce senza alcun controllo, paurose mine vaganti per la Russia e i paesi vicini. Per non parlare del servizio sanitario e della scuola, da anni allo sfascio". "La lista non finisce qui, anzi, giunge adesso ad una delle voci principali: la corruzione. L'illegalità in cui si svolge gran parte della vita economica (...)".

E verrebbe a questo punto da chiedersi: non "fu" per instaurare uno stato di diritto che il socialismo fu abbattuto in "Russia" nel 1991? Perché mai, dopo la fine del sistema sovietico, oggi si dovrebbe minimamente immaginare di dover stare peggio di prima? Non potrebbero essere tutte queste notizie così "allarmanti" solo delle calunnie dei propagandisti ex comunisti? E se è vero che si sta peggio di prima, coloro i quali indicavano invece uno sbocco differente dell'evoluzione sociale e politica in Russia, dovrebbero o non ammettere di essersi sbagliati e conseguentemente chiedere scusa ai milioni di russi ora affamati per causa loro o alle centinaia di migliaia (ora, forse, saranno già milioni?) di "bambini randagi" perduti nella cloaca di un sistema liberista, dove ciò che conta sono solo i "business, le puttane e i puttanieri"? C'era proprio bisogno di scomodare i "grandi ideali della Rivoluzione Francese" o i "sentimenti religiosi" per realizzare un tale "immondezzaio"? Ed è lecito a questo punto almeno ricordare che alcuni personaggi (dirigenti del PCUS.) che per 70 anni dissero peste e corna del capitalismo oggi sono fra i più strenui e fanatici assertori dell'economia liberista?

Forse, meglio di noi, può rispondere un "cittadino" della Nuova Russia, che i benefici di tali cambiamenti li ha goduti e provati interamente sulla propria pelle:

"Per favore, signor Presidente, emetta un decreto che consenta ai vecchi e ai deboli di andarsene all'altro mondo di propria volontà. Per esempio io scrivo una dichiarazione, in base alla quale riconosco che vivere al di là delle mie possibilità, visto che la pensione la pagano con tre mesi di ritardo, che ho freddo e fame, che non ho prospettive davanti a me. Si crea una commissione, il medico testifica che in ogni caso potrei al massimo prolungare la mia vita per un paio d'anni. Il capo dell'amministrazione locale dichiara che nel corso dei prossimi due anni nulla cambierà nella situazione. L'assistenza mi consegna il tagliando per il posto al cimitero. Io prendo congedo da tutti, ingoio una pillola e me ne vado a letto. Al mattino tutto sarà finito. Sarà un bene per la patria e per noi sarà più facile. In fede. L.A. Romanov, città di Kemerovo, Siberia occidentale."

Questa drammatica dichiarazione è stata pubblicata dal settimanale "Argumenty i Fakty" (2), del resto notoriamente famoso per essere stato, insieme al suo direttore, Vladimir Andreevic Starkov, come afferma Giulietto Chiesa "uno dei più sfegatati sostenitori del potere eltsiniano".

Non sarà inutile ricordare che questa lettera comparve quattro mesi dopo la conclusione della campagna elettorale presidenziale, "nella quale Boris Eltsin aveva preso l'impegno solenne di chiudere i conti - cioè di pagare le pensioni arretrate - con i pensionati prima che giungesse l'autunno. Quando il signor Starkov Vladislav Andreeevic pubblica la lettera del pensionato Romanov L.A., l'indebitamento dello Stato verso i pensionati è salito alla cifra di 16 milioni di rubli, pari a 3 miliardi di dollari, e sta crescendo al ritmo del 6% al mese (...)".

Quest'attuale società "da giungla" è stata imposta in Russia un po' prima che Gorbaciov se ne uscisse con il "teatrino" della perestrojka, esattamente tre anni prima del suo insediamento al Cremlino, dunque nel 1982, quando dai negozi sparì tutta la roba, quasi per incanto. Tre anni dopo spuntò Gorbaciov, sei anni dopo finì l'U.R.S.S. e finalmente nel 1993 Eltsin prese il potere bombardando il Parlamento e ricevendo i ringraziamenti degli "investitori" occidentali.

La nascita di questo tipo di "povertà" oggi presente in Russia non è dunque una conseguenza strutturale derivata dai meccanismi del sistema sovietico, così come sostenuto dal segretario generale della Confindustria, Cipolletta (3), bensì l'evidente risultato di precise scelte politiche ed economiche in direzione del neoliberismo che, in tutto il mondo, presenta (con sfumature che hanno solo il carattere di particolari folclorostici) condizioni d'ingiustizia e di degrado umano. Le misure neoliberiste che più immediatamente hanno provocato il primo insorgere della povertà in Russia, sono state la distruzione del sistema di distribuzione e la privatizzazione delle abitazioni. Fare finta che le cose non stanno in questo modo significa tentare di avere ragione a tutti i costi. Ovviamente per coloro i quali sono abituati a "vincere" attraverso la forza del denaro, riesce facile immaginare che anche la "verità" possa essere messa a tacere con la stessa forza. Loro malgrado, non è sempre così.

Scriveva in quei giorni Gorbaciov:

"Stavano prendendo forma i contorni di un nuovo ordine mondiale che avrebbe prospettato nuove frontiere di lotta comune contro la povertà, la fine della corsa alle armi, una nuova sicurezza internazionale. Poi arrivò la fine dell'Unione Sovietica. E tutto fu dimenticato.
In Occidente prevalse la presunzione della vittoria, l'euforia della vittoria. In un momento di cambiamenti radicali fu proclamata la vittoria occidentale, la fine della storia. I dieci anni che seguirono furono anni di silenzio rispetto a tutte le questioni vitali che stavano di fronte all'umanità moderna."

Nel 1999 la rivista australiana "Nexus New Times Magazine" pubblica un eloquente articolo di Brian Becker, ripreso dal "Workers World Newspaper" (4) dove troviamo scritto che: "Durante la Guerra Fredda, i determinatori della politica statunitense sostenevano di opporsi al socialismo sovietico poiché privava la popolazione della "libertà personale" e "reprimeva l'iniziativa individuale del libero mercato". Ora però è facile vedere che la loro ostilità nei confronti dell'U.R.S.S. era basata sul fatto che era stato impedito alle aziende statunitensi lo sfruttamento delle terre e delle risorse dell'Unione Sovietica."

Tuttavia il vero colpo mortale all'U.R.S.S. giunse dall'accordo fra il Papa Wojtyla e il Presidente Reagan, da cui nacque lo sfacelo dell'Europa Orientale, dell'Unione Sovietica, degli altri paesi dell'orbita socialista fino alla tragedia dello squartamento della Jugoslavia. Che tutto questo possa in qualche modo farsi rientrare in un disegno vaticano di difesa dei "diritti umani" o che esso possa aver rappresentato un trionfo per la giustizia e per la libertà, lo lasciamo dire ai maggiordomi e ai chierici dei padroni nordamericani e ai loro lacché. Noi, con costoro non abbiamo nulla a che spartire.

Note:
1. La Repubblica - 11 Marzo 2000.
2. n. 46 - Novembre 1996.
3. "Pinocchio" - Raidue, Ottobre 1998.
4. Nexus New Times Magazine - edizione italiana - n. 25 - 1999 ; Workers World Newspaper, 9 dicembre 1999.
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