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libri di Gianni Viola
LA VERITÀ SULLA FINE DELL'U.R.S.S.
di Gianni Viola
Prospettiva Editrice
pagg. 216 - 22 foto b/n - € 14,00
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INTRODUZIONE »
CAP. I - I CANNONI DI ELTSIN - 1. Mosca come Santiago del Cile »
Cap. II - LA "FARSA" DEI DISSIDENTI - 1. Il convegno "Ucraina: una nazione negata" »
Cap. II - LA "FARSA" DEI DISSIDENTI - 2. Un dissidente su commissione: Bohdan Rebryk »
Capitolo II - LA FARSA DEI DISSIDENTI 3. Prima regola di un dissidente: mentire:
Il signor Rebryk iniziò ad illustrarmi questo grande "segreto" di cui pareva volermi fare partecipe. Mi disse: "Lei ha visto certo come si scrive un indirizzo sulla busta, intendo come si scrive un indirizzo da noi, insomma nel mondo comunista, in Russia, in Ucraina...". Io in verità, continuavo a non comprendere. "Certo", mi dicevo "si tratta di qualche particolare che io non conosco e che finora mi sarà sfuggito. Leggendo la perplessità sul mio volto, lui rincarò la dose e mi disse: "Si tratta di una cosa che dimostra quanto poco conti un individuo per lo Stato comunista". Parlava, ma non mi spiegava nulla. Era chiaro che voleva crearmi una aspettativa per godersi poi il risultato finale (che non ci fu.).
E iniziò: "Veda, la struttura dell'indirizzo postale per come è prescritto si debba scrivere da noi, secondo le direttive del partito comunista, è il seguente: prima si scrive lo Stato, poi la regione, territorio, ecc., poi la città, dopo vi è l'indirizzo con la via e il numero civico, ed infine, proprio posto alla fine dell'indirizzo, si trovano il nome ed il cognome della persona. Mi comprenda, l'individuo è posto proprio alla fine dell'indirizzo, perché la persona, l'individuo da noi non conta niente, ma proprio niente".
Che devo dire? Di fronte a tanta scienza rimasi a bocca aperta... mi pareva di trovarmi davanti ad un mostro di saggezza, non sapevo cosa rispondere, mi sentivo sommerso da tanta verità. Ma trovarmi davanti ad un "dissidente", in carne ed ossa, un vero "eroe", un difensore dei diritti umani, un membro del Comitato Helsinki, era il massimo che potesse capitarmi.
La prima reazione fu di non dire nulla. Non dimenticai di trovarmi di fronte ad una persona che era venuta in Occidente con lo scopo dichiarato di raccontare imbecillità e trarne profitti e riconoscenze. Non lo dimenticai. Ed in quel momento mi sentii sporco per avergli dato la mano, per averlo guardato in faccia ed averlo pure ascoltato. In un primo momento tutte le "risposte" rimasero dentro di me, con la gelosia di chi non vuol unire le proprie umili (ma vere.) conoscenze con le meschinità di un imbecillotto di provincia che passa per la Città Eterna a caccia di suoi simili. Ed io non ero e non sono un suo simile. Ma lì stavamo a due passi dal Vaticano e sarebbe stato duro per lui pensare che a qualcuno, in quelle circostanze, potesse realmente funzionare il cervello. Sono duemila anni che da quelle parti ci si sforza (con grandi risultati) di ridurre l'uomo ad un cretino santificato, io purtroppo non appartenevo a quella categoria.
Avevo iniziato a studiare, con vera passione, la storia della Russia, sin dall'anno 1974 e, al momento in cui mi capitò quella strana avventura, dunque nel 1988, avevo già letti almeno tutti i testi più importanti necessari ad una conoscenza di base della storiografia russa e sovietica. Mi ricordai dunque, di aver letto che la struttura dell'indirizzo, così come tanti altri particolari in uso nell'allora Unione Sovietica e ancora adesso nella Russia odierna, furono a suo tempo stabiliti da Pietro il Grande, oltre duecento anni prima dalla data falsamente spacciata dal signor Rebryk, che avrebbe voluto buttare la croce addosso a Lenin che avrà, di certo tante colpe che potrebbero essergli imputate, ma di certo non riformò mai l'impostazione dell'indirizzo. Da aggiungere in ogni caso che la struttura russa (ma è così, ad esempio, anche in Egitto) dell'indirizzo postale è più razionale e funzionale della nostra impostazione e da sempre io stesso l'ho utilizzata in molte occasioni.
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